Recentissimo approdo di legittimità (Cassazione, ordinanza 18.02.2020 n. 4129) torna sullo statuto giuridico della responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 cod. civ. (che sancisce la responsabilità del custode per il danno cagionato dalle cose rientranti nella sua sfera di controllo e vigilanza, salva la prova del caso fortuito, ossia di un evento esterno imprevedibile e inevitabile, ivi compresa la grave imprudenza dello stesso danneggiato).
Il caso affrontato è abbastanza comune nella vita quotidiana, riguardando lo scivolamento di un soggetto sul pavimento bagnato (appena lavato) di un androne condominiale, con consequenziale danno biologico, consistente nella frattura di tibia e perone.
Il danneggiato ha così agito in giudizio nei confronti del condominio e dell’impresa di pulizie addetta al lavaggio facendo valere una responsabilità da cose in custodia.
Accolta in primo grado, la domanda viene poi rigettata in appello, non avendo l’attore – a dire della Corte d’Appello – dimostrato che la caduta era conseguenza di una pericolosità intrinseca dei luoghi.
Il danneggiato ha così proposto ricorso per Cassazione, evidenziando (per quanto rileva in questa sede) la violazione dei tradizionali criteri che governano il riparto dell’onere probatorio nell’ambito della responsabilità da cose in custodia (in cui, in buona sostanza, non è il danneggiato a dover dimostrare l’inevitabilità del danno, ma il custode a dover provare il caso fortuito).
I Giudici di legittimità hanno accolto tali censure.
Anzitutto, va ribadito il consolidato insegnamento secondo cui la responsabilità del custode non presuppone affatto che il bene sia di per sé pericoloso, potendo tale condizione esser dovuta anche ad agenti naturali esterni (come, per l’appunto, la presenza di acqua e di umidità su un pavimento, bene normalmente innocuo). Pertanto, la dimostrazione di un’intrinseca pericolosità non è necessaria.
Venendo al cuore della questione, il comportamento negligente del danneggiato può escludere tale responsabilità quando il pericolo è da questi prevedibile e superabile con l’uso di normali cautele.
Viene così valorizzato il principio di solidarietà di cui all’art. 2 Costituzione, che impone anche ai terzi che vengono in contatto con il bene di tenere quella diligenza normalmente idonea ad evitare risvolti pregiudizievoli. Ciò in omaggio anche ad un principio di autoresponsabilità, riconosciuto pure nel contesto giudiziario europeo.
Nel caso di specie il pericolo non era prevedibile, non rivelando il pavimento una presenza abbondante di acqua, ma soltanto di umidità, potendo ciò giustificare, tutt’al più, una riduzione del risarcimento.

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