Lo Studio Torquato Tasso e Associati ottiene un importante risultato avanti alla Corte di Cassazione. La Seconda Sezione della Suprema Corte accoglie infatti la tesi del cliente dello studio, difeso dall’Avv. Prof. Torquato Tasso, e rigetta le domande avversarie enunciando un importante principio di diritto in relazione alle immissioni rumorose provenienti da una proprietà. La Corte, infatti, con la Sentenza n. 28742/2018 che si allega, riconosce che le immissioni rumorose, se moleste, possano provocare un danno esistenziale con conseguente diritto ad un risarcimento. Ma è dovere di chi lamenta questo danno dare una prova precisa delle circostanze che sorreggono tale pretesa risarcitoria.

Nella Sentenza si legge infatti: “Vero che, di recente, essa (la Cassazione n.d.r.) ha affermato che l’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni (Cass. sez. un. n. 2611 del 2017; conf. Cass. n. 20445 del 2017). Vero tuttavia anche che (con riferimento a fattispecie totalmente sovrapponibile alla presente) questa Suprema Corte ha statuito che in mancanza di allegazione dell’esistenza del danno esistenziale (sembrando in realtà, come anche nella fattispecie, «non distinguersi tra il dovere di allegazione dell’esistenza di un danno non patrimoniale e la possibilità di una liquidazione del danno su base equitativa e/o presuntiva») «non può procedersi alla liquidazione di un danno non dedotto in modo sufficientemente specifico da consentire una liquidazione, sia pure su basi equitativa o per presunzioni» (Cass. n. 17550 del 2017; cfr. tra le tante Cass. n. 583 del 2016; Cass. n. 336 del 2016; Cass. n. 22285 del 2015). “il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello c.d. esistenziale, non può essere considerato in re ipsa ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico (Cass. n. 2056 del 2018)”

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